Quanto tango abbiamo ballato insieme, amore mio? Da quello incerto e rigido degli inizi a quello di adesso, comodo, musicale, avvolgente. Quello imparato dai maestri a quello insegnato agli allievi. Quello del palcoscenico, quello improvvisato in una piazza. Quello del circolo Arci, quello del salone di una villa settecentesca. Quello che parla lingue straniere, quello delle milonghe improbabili. Quello dei festival, delle maratone, degli encuentros, delle vacanze tango, in riva al mare, sul lago tra i monti. Il tango che mi sussurri all’orecchio con il testo inventato e ci scappa da ridere. E io rilancio con una battuta e allora si ride proprio. Quando parte un brano che consideriamo nostro e ci cerchiamo tra gli altri, proprio perché quel brano può essere solo nostro. E dopo aver provato altri abbracci, abbiamo voglia di tornare noi due, alla nostra comodità, allo stesso modo di sentire, senza fatica, scivolando via. Perché il tango è un pensiero complice (e non triste) che si balla. Io, tango, tu.

Vanna Gasparini

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