Disegno i miei ochos esperti sul pavimento e provo benessere, mi sento in pace, i pensieri svaniscono lasciando il posto ad una calma interiore cullata dalle placide o ritmate note della musica.
Non ho avuto una vita facile, come tutti ho dovuto combattere momenti di sconforto e di dolore ma il tango c’è sempre stato, fa parte di me.
Quando il mio partner mi appoggia la mano sulla schiena e allaccia la sua mano alla mia, si stringe un patto. Assoluta sincerità, voglia di danzare con la musica, i pensieri tristi si allontanano, mentre i corpi al contrario si fanno più vicini.
Lascio parlare quello, il corpo. Si annusano gli odori, si mescola il sudore, si ascolta il respiro dell’altro, l’animo leggero si arrampica sul bandoneon che tiene il ritmo, i fianchi inseguono i violini, delicati.
Cerco la magia, la realtà lascia il posto al sogno che misterioso e languido mi trasporta lontano, tra quei musicisti giovani ed inquieti, nelle sale fumose ed affollate di Buenos Aires degli anni quaranta, i passi sincopati per dimostrare attitudine e farsi onore tra la folla dei tangueros.
Il brano incede, prima lento, poi verso la fine prima di morire, ha un guizzo, vola veloce sulle nostre teste e ci invita a girare, girare per tenergli testa e far risaltare la destrezza dei musicisti. Li immagino accaldati e sorridenti, mentre le loro mani schiacciano tasti, pizzicano corde, fanno volare gli archetti e noi li inseguiamo vigorosi, cercando di rispettare la battuta, giocando coi controtempi. Lui propone, io raccolgo e non sono solo passi, ma idee, giochi irriverenti, a volte azzardati che lo lasciano un po’ stupefatto, ma che accetta con malcelata sorpresa.
Gli ochos si fanno rapidi, a volte impercettibili nascosti da altri passi più esperti. Ma sono lì, memorizzati dentro il corpo e a volte hanno la curiosità di modificarsi in qualcosa di più moderno, pieno di sospensioni e energia.
Senza curiosità non si balla il tango. Arriva il chan-chan finale, la musica si acquieta, svanisce all’improvviso ma non ci coglie impreparati, sappiamo entrambi riconoscere quando il tango dice basta. Scegliamo senza parole la fine giusta, quella che ci farà sorridere, abbandonando ogni difficoltà e le inutili pose plastiche da avanspettacolo. Semplicemente fine. E’ il momento di lasciare libera la voce, qualche parola per conoscerci, non certo meglio di ciò che i nostri corpi hanno già comunicato. Le timidezze, le tensioni, i dolori: tutto si rivela per chi ha voglia di ascoltare.
Il tango non mente.

Vanna Gasparini

I libri della scrittrice: